Riccardo Infante (n. 1964), di famiglia transnazionale e raminga, ha vissuto gli anni fondamentali della sua crescita e formazione, dalla prima infanzia fino al liceo, a Teheran, in Iran, tanto da sentirsi più iraniano che italiano.
Transfuga della rivoluzione Khomeinista, si è stabilito a Milano, dove si è laureato in filosofia. Agli studi di questa disciplina non ha mai smesso di dedicarsi con passione e insaziabile curiosità. Insegna nei licei, ha collaborato con varie importanti case editrici scolastiche e pubblicato testi per gli studenti, un romanzo sul quale preferisce sorvolare e articoli su riviste.
Verso i quarant’anni un sofferto divorzio, una profonda crisi depressiva, lo spegnersi nel buco nero della dipendenza da psicofarmaci e cocaina.
Poi la comunità di Sanpatrignano e la rinascita.
Nel 2017 è tornato a lavorare nella scuola e a scrivere. Questo libro costituisce un po’ un diario, un po’ la testimonianza di un esule ovunque, e un po’ un messaggio di speranza per tutti quelli che cadono e poi si rialzano.